Tra medicina e leggenda, i segreti della longevità delle donne di Okinawa, il posto al mondo dove l’età media è più alta.

Il 20% della popolazione, a Okinawa, è ultracentenario: se davvero esiste un “Cocoon”, un luogo dell’eterna giovinezza, sembra trovarsi proprio qui.

Questo posto che pare incantato è l’isola maggiore dell’omonimo arcipelago giapponese che rientra tra le mete più apprezzate dai turisti per la sua storia, le scogliere di corallo, il mare color smeraldo, il cielo terso e la vegetazione subtropicale. Sono luoghi pacifici e silenziosi, dove la natura assume tratti lussureggianti, tra giungla e mangrovie.

Qui la scienza incontra la leggenda e cerca razionalmente di dipanarne i segreti: perché la popolazione in genere, ma soprattutto le donne, godono di una salute straordinariamente buona e la loro vita si estende ben oltre la media mondiale?

I dati parlano chiaro: le malattie cardiovascolari, nella popolazione di Okinawa, sono ridotte dell’80% rispetto agli Stati Uniti, i tumori sono il 40% in meno, perfino l’osteoporosi è inferiore al resto del mondo. I livelli di colesterolo sono in genere bassi e il danno da radicali liberi è circa la metà rispetto a quello riscontrato nei settantenni di altre nazionalità. In più, negli Stati Uniti e in Giappone il rischio di sviluppare demenza diventa piuttosto alto a partire dagli ottanta anni, mentre a Okinawa l’aumento è molto contenuto.

Parola d’ordine: Ishokudoghen ovvero il cibo come medicina

Nell’ambito delle possibilità umane e razionali, la vita delle donne di Okinawa è stata presa spessocos'è l'atrofia vulvo vaginale in esame in tutti i suoi aspetti per scoprirne il segreto, il mistero che le rende così ammantate di magia.

Non deve stupire ma anche in questo caso sembra che, oltre il clima favorevole e l’inquinamento atmosferico ridotto, sia il cibo uno dei principali fattori di salute e longevità. Se ne è occupato persino il professor Umberto Veronesi, celebre in Italia per i suoi studi sull’incidenza dei tumori:

“Grande parte del merito è dello ishokudoghen – scrive Veronesi in un’intervista – che in giapponese significa “il cibo è una medicina”: frutta, verdura, soia, e suoi derivati, pesce in una dieta integrata dall’alga konbu. La quantità di riso è inferiore a quella usata nel resto del Giappone, invece il pesce è il doppio”.

“Si tratta di un’alimentazione scarsa in calorie (fino a 1100 giornaliere) e ricca di aminoacidi, vitamine, sali minerali – continua Veronesi – Gli studi hanno mostrato che la popolazione è magra e consuma il 10% in meno di calorie rispetto al resto del Giappone e il 30-40% in meno rispetto alle aree geografiche occidentali”.

Insomma, una sorta di dieta mima-digiuno ante litteram…

Tutte le donne di Okinawa sanno di essere “Yuimaru”, attive e necessarie

Come molte cose in Giappone, anche il concetto stesso di vita qui è legato a qualcosa di spirituale, di innato e profondo, che a Okinawa si chiama Yuimaru.

Un’espressione per noi occidentali oscura, che può essere tradotta con “Il cerchio delle connessioni” e che testimonia come, pur nella nostra unicità di esseri viventi, siamo tutti connessi a ciò che ci circonda, influenziamo e siamo influenzati, determiniamo e siamo determinati da esso.

Yuimaru diventa, per le donne di Okinawa, un grido all’azione, all’attività. Quello che infatti stupisce di più – differenziandosi dal modo di vivere occidentale – è che in questo angolo di mondo gli ultranovantenni non smettano di lavorare e pratichino ancora arti marziali. Ma questo termine significa anche consapevolezza di essere ancora importanti e necessari per la famiglia e la società, senza lasciar da parte mai la voglia di vivere, divertirsi e lavorare.

Il segreto delle donne di Okinawa sembra essere proprio questo: si mantengono giovani perché non perdono l’interesse per la vita, per la cultura, per la conoscenza e per il fare, ponendosi limiti dettati più dal costume generale che dalla reale voglia e dallo spirito.

Non c’è bisogno di essere nate e cresciute a Okinawa per mettere in pratica questi che sembrano precetti per una vita migliore. Continua Veronesi nell’intervista: “Alludo agli svaghi per il corpo e la mente, alle opportunità di frequentare persone di età differenti e conoscere le novità, le bellezze dell’arte e della cultura.

Eppure sono così importanti, fondamentali! Anzi, qualcuno ipotizza che arrivino a cento anni di vita gli artisti che sono stati capaci di esprimere al massimo la propria personalità e il proprio istinto senza rinunciarvi mai. Non so se sia vero (nella scienza la cautela è una precisa responsabilità), tuttavia sono certo che parte della longevità sia legata alla consapevolezza che non bisogna smettere di essere curiosi e dedicarsi alle passioni intellettuali.” 

Le passioni mantengono viva la carne e lo spirito

Sono le passioni il motore della vita: per un’attività, per un hobby ma anche, e soprattutto, per le persone con le quali ti piace condividere l’esistenza. Una vita di coppia felice e passionate, come direbbero gli inglesi, fa sì che il tuo quotidiano sia più vitale, più positivo, fa sì che tu abbia voglia, ogni mattina, di iniziare una nuova giornata, consapevole di quanto la tua presenza sia necessaria.

Nel nostro mondo occidentale, invece, la cultura relega gli anziani ad un ruolo marginale e le donne specialmente, dopo la menopausa, a una sorta di bolla limbica di inattività, soprattutto intima.

Parlare di vita di coppia attiva dopo i 50 anni è considerato da molti ancora un grosso tabù ma non a Okinawa dove alcuni abitanti sulla novantina garantiscono di avere ancora rapporti intimi con il partner. Il merito è ancora una volta della capacità della mente di influenzare il corpo: “Velle est posse” diceva il proverbio noto già dall’antichità.

Può capitare che dopo la menopausa insorgano problemi e fastidi che limitano la possibilità di mantenere una vita intima appagante: bruciori, perdite ematiche se non veri e propri stati dolorosi, potrebbero essere i sintomi di una Atrofia Vulvo Vaginale, uno stato che viene riscontrato nel 50% delle donne in occidente.

Si tratta di una patologia che si può trattare in modo semplice, specie se le cure iniziano sin dai primi sintomi.

Anche in questo caso è necessario un atto di volontà: inizia a parlarne con il ginecologo, con il medico curante, con il partner, superando un possibile, iniziale, imbarazzo e diventando anche tu un po’ Yuimaru, consapevole della tua essenza, della tua necessità, della bellezza delle connessioni con chi ti circonda, proprio come le leggendarie donne di Okinawa.

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(*) Referenze

  • Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
  • Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
  • Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379

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