di Rossella Boriosi
Autrice del libro “Nega, ridi, ama. Diario tragicomico di una menopausa”, Giunti.

Le donne, soprattutto quelle nel pieno della maurità, indifferenti alla propria menopausa o persino contente di esserlo, sono loro malgrado vittime di un ricatto sull’età: pare che sia buona cosa rimpiangere la gioventù perduta e i propri vent’anni, presi a paradigma di un’età dell’oro in cui tutto è ancora possibile.

C’è un equivoco per il quale si tende a credere che le persone – soprattutto le donne, soprattutto quelle prossime alla menopausa – rimpiangano i loro vent’anni. Tutte le pubblicità a loro rivolte fanno perno su questo presunto desiderio di riportare le lancette indietro nel tempo e precisamente alla seconda decade, paradigma di tutto ciò che è bello e desiderabile: “Torna alla pelle dei tuoi vent’anni” , “Ritrova l’energia dei tuoi vent’anni”, e variazioni sul tema.

L’idea di fondo è che la nostra età anagrafica non vada bene, che vada tenuta nascosta – nel caso la si dichiari pubblicamente, approssimata per difetto – e che si debba ricordare la gioventù perduta con nostalgia e struggimento. Se poi abbiamo esaurito la riserva ovarica, rimpiangere assorbenti con le ali e dolori mestruali sembrerebbe essere inevitabile – un po’ come certi amori finiti per reciproca insofferenza per i quali iniziamo a provare interesse non appena ci voltano le spalle.

I vantaggi della menopausa: davvero si stava meglio quando si stava meglio?

Eppure se torno con la memoria alla confusione e all’incertezza della gioventù il sentimento prevalente non è di rimpianto, ma di angoscia.L'Atrofia Vulvo-Vaginale interessa una donna su 2 Mi dicevano che sarei diventata farfalla ma mi sentivo perennemente crisalide, prigioniera di fluttuazioni ormonali, ansie da prestazione e amori sbagliati – ora perlomeno ho eliminato le prime – e adesso che il tempo ha lavorato a mio favore dimostrando che, a lasciarlo fare, tutto risolve e ridimensiona, ecco che mi viene detto che sto sbagliando, dovrei tornare alle caselle di partenza o fingere di non essermi mossa da lì, quantomeno.

Spiace, ma non sono d’accordo: nella mia mente prende forma l’immagine recente delle sei super-modelle degli anni Novanta schierate in passerella in abiti oro e argento, cristallizzate in un’eterna giovinezza, e la mia prima sensazione non è di meraviglia, ma di inquietudine. “Tutte quelle inutili menopause, tutti quegli anni passati invano” mi vien da pensare.

So bene che non devo stupirmi per questa glorificazione della gioventù: per quanto evoluti, gli esseri umani rispondono a un imperativo biologico di continuazione della specie che trova forza propulsiva nelle turbolenze della giovinezza e riconosce come belle e desiderabili quelle donne le cui caratteristiche fisiche esprimono la giusta presenza di estrogeni come labbra piene, pelle tesa, capelli folti e altri indicatori di fertilità.

All’imperativo biologico non interessa sapere che abbiamo ottenuto quell’aumento di stipendio che ci consentirebbe di crescere un figlio senza problemi o che abbiamo finalmente fatto pace con le nostre idiosincrasie, no: a lui interessa solo capire se siamo ancora in grado di procreare. Il richiamo ai vent’anni sottintende l’esaltazione della piena capacità riproduttiva, e pazienza se la maturità ci ha messo davanti obiettivi diversi da quello di avere un utero potenzialmente funzionante.

Io, ad esempio, sono stata lieta di non sentirmi più ostaggio di malumori premestruali, contenta di non dover più articolare le ferie attorno alla data presunta del ciclo e addirittura felice di potermi abbandonare al sesso estemporaneo senza il retropensiero di gravidanze e contraccettivi. Insomma, ho barattato di buon grado i miei estrogeni con la nuova condizione di regina della menopausa.

Inoltre, se la matematica non è un’opinione, tra qualche anno potrò dire che di aver avuto vent’anni per la terza volta: mi sarei anche stufata.

La menopausa e le strategie contro il pregiudizio sull’età

Peccato che Rita non sia del mio stesso parere. «Parla per te, sorella» – mi sgrida – «Io nei miei anni sono stata bene finchè non m’è caduta addosso la menopausa con tutti i suoi sintomidall’atrofia vaginale ai dolori articolari, dal seno pendulo alle rughe della marionetta  – e al netto della capacità riproduttiva, che all’epoca rappresentava solo un impiccio, i miei vent’anni li rimpiango eccome: avevo un gatto grigio e un’auto rossa, mi ubriacavo spesso ed ero felice. No, un momento! Ora che mi ci fai pensare ricordo anche che non sapevo cosa fare di me stessa, amavo un uomo che non ricambiava ed ero capellopatica, cioè facevo dipendere l’umore dalla durata della messa in piega. Quindi, come non detto: meglio adesso che hanno inventato i trattamenti liscianti alla cheratina.»

«E dall’atrofia vaginale ci si può curare!» chiosa Serena che tutto sa e tutto conosce. Le amiche attorno annuiscono in approvazione. «Anche io trovo sbagliato identificare bellezza e voglia di vivere con i vent’anni» – continua – «Perché mi sento ancora attiva e creativa, ho persino più energie di quando faticavo a uscire dai pantani di un’adolescenza che mi sembrava eterna. Non ho davvero bisogno di guardare indietro per sentirmi bene e trovo fastidioso che mi venga suggerito che per stare bene dovrei essere – o sentirmi – giovane.».

Eppure sono davvero in tanti a credere che le donne, specialmente dopo aver oltrepassato le colonne d’Ercole della menopausa, rimpiangano la gioventù e la inseguano. Abbiamo anche visto da dove nasca questa convinzione.

Trova un esperto

«Proprio perché ci siamo evoluti – e dovremmo aver imparato a tenere a bada gli imperativi biologici – non parleri di convinzione, ma di pregiudizio» – precisa Serena – «e questo pregiudizio ha un nome, ageism.

L’ageism non è altro che la discriminazione fatta sulle persone in virtù della loro età e si manifesta quando l’idea di bellezza, efficienza e vita attiva vengono riferite esclusivamente alla giovinezza attribuendo all’età matura consunzione e decadimento. Eppure essere sani e attivi – a quarant’anni come a settanta – non significa avere vent’anni ma vivere la propria età. E sapete quanti anni mi sento addosso? Esattamente quelli che ho, con tutti i momenti di gloria e disfatta, di luce e buio che questa età comporta.

Mi sento bella nei miei anni, mi riconosco nella mia età e ho promesso a me stessa di non cedere al ricatto dell’ageism anche perché – fateci caso – spesso sono proprio le donne a esserne vittima. A nessuno verrebbe mente di chiedere a un uomo di tornare ai suoi vent’anni – a meno che non si tratti di Johnny Depp, nel qual caso avrebbero anche ragione – mentre noi donne siamo troppo spesso viste come un corpo che, cessata la capacità riproduttiva, non può che rimpiangere il passato.»

Come rispondere quindi a chi ci ricorda che dovremmo rincorrere la gioventù?

«Con la citazione dello scrittore francese Paul Nizan, santo cielo!» – sospira Serena – «Avevo vent’anni, non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita. E magari ricordare alle disfattiste che se un parrucchiere può risolvere il problema dei capelli crespi, pensa cosa può fare un buon ginecologo con quelli della menopausa!»

La voce di Rossella

 

(*) Referenze

  • Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
  • Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
  • Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379

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