di Rossella Boriosi
Autrice del libro “Nega, ridi, ama. Diario tragicomico di una menopausa”, Giunti.

“Nonnitudine”e menopausa oggi sono fenomeni che – solo per via anagrafica – continuano a coesistere, ma le nonne di oggi sono differenti da quelle di un tempo. Come la mia amica Patrizia, per esempio per la quale i modelli ai quali eravamo abituati non funzionano affatto.

«Me lo ricordo come se fosse ieri. Ero appena uscita dal laboratorio di analisi dove un’infermiera mi aveva consegnato il referto sussurrando Ha fatto strike! senza che riuscissi a capire cosa intendesse dire tanto che lei, alzando gli occhi al cielo, si era sentita in dovere di spiegare: le beta sono alte, c’è un bambino in arrivo.

Un bambino in arrivo! Mi sentii sopraffatta da sensazioni contrastanti – felicità, paura, Fastidi intimi durante la menopausaincredulità, esaltazione -, ed ebbi la sensazione che stesse accadendo qualcosa di più grande di me, qualcosa che da sola non sarei riuscita a contenere, per cui telefonai subito a mia madre urlando piena di gioia: stai per diventare nonna! Mi misi in attesa dell’esplosione di giubilo, ricevendo in risposta un lunghissimo silenzio seguito da un laconico: ah.

Inutile dire che ci rimasi malissimo. Mia madre aveva ormai 56 anni ed era in menopausa da almeno dieci, davvero non era pronta a diventare nonna? Adesso che ho la sua stessa età di allora e sono nonna capisco che no, non lo era affatto.»

Patrizia racconta di sé accocolata sul divano a piedi nudi, indossa jeans bianchi e top nero e tiene i capelli raccolti in una coda di cavallo da cui escono ciocche scomposte. Appartiene a quel genere di donna che passa dall’essere ragazza all’essere anziana senza mai diventare signora, il tipo di donna che ascolta le chiacchiere degli adolescenti e i discorsi dei professori con la stessa curiosità e attenzione, che si lascia ancora stupire dal mondo.

Poco lontano da lei, un bambino di due anni riduce diligentemente a pezzi le pagine di un quotidiano.

Si può non essere pronte a diventare nonne… nonostante la menopausa

«Quello che ho capito nel frattempo è che il modello di nonna a cui eravamo abituati non è più valido e va ridefinito. Oggi nonne e mamme hanno vite simili e condividono le stesse necessità: hanno un lavoro che le assorbe completamente, un portafogli mai all’altezza dei loro desideri e progetti che mettono in stand-by in attesa di tempi migliori. Mi spingo ad affermare che talvolta si possono avere disagi simili e talvolta differenti. Spesso le donne giovani hanno problemi di utero fibromatoso e di solito la problematica persiste anche in menopausa anche se spesso alcuni sintomi si “risolvono” grazie alla cessazione della produzione degli estrogeni.

Durante la menoapusa non si hanno capezzoli doloranti come in gravidanza ma, con la cessazione della produzione degli estrogeni, è naturale che anche i seni subiscano dei cambiamenti. E’ comunque fondamentale discutere con il proprio ginecologo ogni segnale di disturbo che venga percepito in modo da prevenire alcune problematiche che si possono manifestare anche dopo i 50 anni.

Patrizia, sono esperta in capezzoli doloranti ma temo di non sapere cosa sia un utero fibromatoso. «Lo dici solo per farmi invidia. ma non farmi perdere il filo ché la menopausa comporta anche la perdita di memoria a breve termine. Cosa stavo dicendo? Ah, sì: nell’immaginario comune i nonni sono persone anziane che si sostituiscono ai genitori quando questi non possono accudire i propri bimbi, ma nel mondo reale vedo solo uomini e donne socialmente attivi che devono incastrare i propri impegni con quelli dei figli per la gestione dei nipoti.»

Osservo Patrizia mentre raccoglie i giocattoli abbandonati sul divano, le rughe che le si formano attorno agli occhi quando sorride, il fisico atletico, e mi chiedo se non possa essere proprio lei il paradigma di questo nuovo modello nonna. Glielo dico.

«Ma sei matta?» – ride lei – «Io sono tutta sbagliata. La nonna per antonomasia era la mia: una signora pingue che la mattina mi svegliava chiedendo se mi sarebbe piaciuto mangiare tagliatelle al ragù, che mi insegnava il punto e croce e mi dedicava il suo tempo in maniera incondizionata. Io, per poter stare con mio nipote, devo fare una specie di sudoku con i miei orari e quelli dei suoi genitori, allineare i chakra e avere sempre a disposizione un piano B. Ma c’è anche un’altra cosa…»

Cosa?

«Non è che ne abbia tanta voglia. Di fare la nonna, intendo: mi sembra di aver appena finito di crescere i miei figli e temo di non avere le forze psicologiche per entrare nuovamente nel tunnel della prima infanzia. E a dirla tutta credo di non esserne nemmeno capace. Guardati attorno: ho i muri sporchi perché ho lasciato che il bambino li pitturasse con le dita, ci sono libri accatastati ovunque perché ci piace leggere assieme e trovi pezzi di cibo per terra ché gli hamburger vegetariani saranno sani ma tendono a sbriciolare. E siccome non ho ancora trovato il tempo per farmi una doccia, adesso lo ipnotizzerò davanti ai cartoni di Peppa Pig – però in inglese, così lo espongo subito a una lingua straniera. Insomma, ti sembro una nonna capace?»

Utero fibromatoso a parte, per me, Patrizia, sei assolutamente perfetta.

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(*) Referenze

  • Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
  • Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
  • Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379

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