LAT è un acronimo che sta per “Living Apart Together” ovvero vivere insieme ma ognuno per conto suo. Di fatto si tratta di un nuovo stile di vita per molte coppie, specialmente quelle che si sono ritrovate dopo gli “anta”.
Non è vero che l’amore è cieco; è solo presbite: più ci si allontana, più si vede chiaro.
(Antonio Fogazzaro)
Dopo tanti anni da single oppure dopo una separazione o un divorzio ritrovare l’amore è sempre una nota positiva nella vita di ogni donna e di ogni uomo. Ancor di più se la nuova love story arriva dopo i 50 anni, quando tornare ad avere una vita attiva sentimentalmente (e intimamente!) è un vero toccasana per il corpo e lo spirito.
Lo so che già storci il naso: ci hai messo così tanto per “riprenderti la tua vita” che ora pensare di nuovo a una convivenza nella quale vedi e prevedi già una proiezione del vecchio rapporto non ti va proprio.
Sei arrivata a detestare le routine fatte di rientri a casa con bacetto, di serate che si chiudono con sonnolenti dopocena sul divano, di risvegli spettinati e struccati. Ti senti emancipata da tutto questo e con la chiusura del vecchio rapporto, oppure con la tua affrancata carriera da single incallita, ci hai messo una serenissima pietra sopra.
Adesso sei perfettamente in grado di essere felice da sola, di bastare a te stessa nella quotidianità e, benché il tuo nuovo amore ti renda entusiasta e accenda in te batticuori con annessi e connessi, pensi già che per niente al mondo vorresti farlo entrare nel tuo mondo privato, in casa tua, a rompere quell’equilibrio così faticosamente conquistato.
Bene. Sappi che non c’è niente di male in tutto questo. Anzi. C’è persino chi sostiene sia la modalità migliore per portare avanti una relazione dopo i 50 anni.
Living apart together: nel mondo è un vero trend
L’Italia tradizionalista in questo non è sicuramente a cavallo della tendenza che vede, nel mondo, avanzare progressivamente questo tipo di scelta di vita, specialmente nel caso degli over50.
In Canada sono quasi 2 milioni le persone (dunque 1 milione di coppie) che hanno deciso di dire no alla convivenza e al matrimonio. I LAT “possono anche voler gestire le loro famiglie in modi diversi. – scrive su Psychology Today, la terapista Sally Augustin – La coppia può fondersi mentalmente, ma ciò non significa che abbia idee simili su quando il bagno o la cucina devono essere puliti o su come sistemare il soggiorno. Ci sono molti fattori legati a come viene gestita una casa e possiamo non essere d’accordo con il nostro partner su alcuno di essi, quindi se non ci sono ragioni di tipo finanziario o di educazione dei figli per unire gli spazi di vita delle famiglie, vivere separati può essere un modo efficace per ridurre le beghe domestiche al minimo”.
Anche The New York Times non si è fatto sfuggire una riflessione sul tema, così attuale per le coppie della City, a quanto pare. “Soprattutto per i newyorkesi più maturi – si legge in un lungo articolo – così determinati nei loro modi, l’idea offre un fascino notevole. Ognuno può vivere nel quartiere che preferisce e nessuno dei due è obbligato a scendere a compromessi. Così dopo matrimoni e sparazioni, il mondo delle ipoteche congiunte e degli asciugamani coordinati potrebbe aver perso completamente il suo fascino”.
“L’accordo sul LAT ha un fascino sorprendente – dichiara al NYT il sciologo Eric Klinenberg, docente alla New York University – forse perché protegge dal continuo ribollire della vita domestica delle persone. Molte persone che vivono da sole hanno relazioni importanti e questa modalità è particolarmente significativa a New York dove c’è così poca stigmatizzazione su come le persone decidono di vivere la loro vita”.
In Inghilterra, ad aver scelto una vita in “case separate”, è addirittura il 10% delle coppie e non si tratta più di una “eccentrica soluzione da ricchi”: il 33% delle coppie LAT nel Regno Unito, infatti, è composto da persone che hanno un lavoro da operaio. Vivere separati ma continuando a essere coppia è una condizione, conclude l’indagine inglese, che viene da una ricerca consapevole, non da una circostanza: “Solo l’8% vive separato a causa del lavoro”.
Due cuori e due capanne: gli aspetti positivi di vivere separati e innamorati
Non si tratta di rapporti occasionali, lo abbiamo capito, ma di una vera coppia stabile, che vive una meravigliosa e completa storia d’amore senza però condividere anche cucina, sala e camera da letto. I LAT sono una categoria in pieno sviluppo e c’è chi sostiene – dal lato psicologico – la convenienza di questa scelta.
Ne ha parlato qualche tempo fa la psicologa Marina Pisetzky in una intervista.
Il primo vantaggio di non vivere sotto lo stesso tetto e di non vivere la quotidianità è che si mette in atto un vero scudo contro la noia: “Volete mettere incontrare il vostro partner solo quando siete di buon umore, non preoccuparvi dei calzini sparsi per la stanza (tanto è casa sua!) ed evitare discussioni su lavatrici, bollette, spesa & Co.? La quotidianità può essere pesante”, conclude la piscologa.
“Senza indipendenza – si legge inoltre in un articolo su Dailymail che aggiunge carne al fuoco – c’è il rischio di diventare dipendenti l’uno dell’altra oppure di sviluppare dei risentimenti nei confronti della relazione. Avere dei tempi morti personali consente di mantenere la propria vita, il senso della propria individualità e questo è proprio ciò che serve per dare di più in termini relazionali”.
Dunque è più semplice mettere in campo la propria individualità, senza riunciare ai ritmi di vita, alle abitudini, ai piccoli piaceri quotidiani oppure agli hobby per andare incontro alle necessità del partner. Specialmente per noi donne, diventa possibile così abbandonare definitivamente quel ruolo – un po’ scomodo, diciamolo! – di casalinga-pur-senza-esserlo nella gestione della vita comune.
Il lato però più importante è quello che riguarda la libido. Secondo la psicologa vivere in case separate, aiuta l’intesa intima di una coppia perché “il desiderio cresce con la distanza”.
La distanza aiuta l’amore? La scienza lo conferma
D’accordo, stiamo parlando di una soluzione estrema che non è per tutte le coppie né per tutte le vite, ma stare insieme in case separate avrebbe, secondo la scienza, un grande vantaggio anche per la vita intima.
Stare sempre insieme e dormire nello stesso letto, infatti, porterebbe a una specie di assuefazione all’odore del partner, così importante per l’eccitazione e per il desiderio. In poche parole sembra che passando molto tempo insieme, il nostro organo vomeronasale, ovvero il recettore dei feromoni collegato direttamente alla zona del cervello che stimola la voglia di contatto intimo, si “abitui” alla presenza del partner non facendo partire più stimoli e segnali.
Dopo i 50 anni, quando oltretutto l’intimità può diventare più complicata a causa di tanti fattori, menopausa compresa, una riflessione sulla possibilità di allontanarsi fisicamente può dunque meritare qualche minuto del tuo tempo. “Far away, so close” (così lontani, così vicini), insomma, come il titolo del celeberrimo film di Wenders.
È bene però essere davvero sincere con se stesse: è davvero la coabitazione con il partner il problema? Oppure, forse, con l’arrivo della menopausa sono sopraggiunti una serie di sintomi, a volte imbarazzanti, a volte preoccupanti, che ti danno dolore, che ti causano disagi psicologici e che mettono al bando qualsiasi tentativo di avvicinamento fisico da parte del tuo compagno di vita?
Se questa è la ragione del tuo malessere e della stasi della tua vita intima devi fare subito qualcosa per te e per la tua relazione. E non è cambiare casa: parlane con il tuo ginecologo oppure con il tuo medico curante perché potrebbero esserci dei motivi fisici legati al tuo malessere, che possono e devono essere curati.
Ti sto parlando di segnali che potrebbero essere sintomo di Atrofia Vulvo Vaginale, una patologia estremamente frequente nelle donne in menopausa, che viene altrettanto frequentemente ignorata solo per la difficoltà che tante hanno nel parlarne con uno specialista.
Non farti scippare la gioia di continuare a vivere un rapporto d’amore al 100% da disagi che possono essere curati.
(*) Referenze
- Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
- Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
- Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379