di Rossella Boriosi
Autrice del libro “Nega, ridi, ama. Diario tragicomico di una menopausa”, Giunti.
In quest’epoca inesorabile che chiede di essere competitivi, aggiornati, performanti, la maturità può essere un problema e la menopausa il segnale che è ora di lasciare spazio a chi va di fretta. A meno che… A meno che non ci siano progetti ancora da realizzare, nuovi inizi e territori che richiedano di essere esplorati con un passo e a un ritmo diversi. Ecco allora che la menopausa diventa l’occasione per fare il punto della situazione, scrollarci la polvere di dosso e continuare il cammino.
«Forse è per via del fatto che sono arrivati insieme – i cinquant’anni e la menopausa – che ho dovuto fermarmi a riflettere su quanto stavo facendo di me stessa. E io odio entrambe le cose: riflettere e star ferma.»
Francesca è così, argento vivo. Attraversa la vita come se fosse la pista di un rally, accelera, frena, sterza, rovescia, si schianta. Tu sei il navigatore e vorresti chiederle di rallentare, indicarle la direzione, obbligarla a fermarsi. Lei comunque non ascolterebbe. La perdi di vista un momento e ha già cambiato strada, lavoro, compagno, Paese. L’ultima volta che abbiamo litigato non l’ho cercata per settimane, quando ho capitolato si trovava in Islanda.
«Che ci fai lì?»
“Combatto le vampate di calore e rifuggo dalle mie responsabilità.”
La menopausa può essere un momento di smarrimento per chiunque, ma se si nasce Francesche può diventare una vera tragedia – oppure un’opportunità per ricominciare, ché non si sa mai.
La menopausa: uno stop prima di (ri)prendere la rincorsa
«È per colpa dell’instabilità umorale da menopausa se abbiamo litigato» – confessa – «però è grazie a questa che sono stata obbligata a riprendere fiato. Le amiche mi avevano messa in guardia sui disagi fisici e psicologici da tracollo ormonale, solo non credevo che si sarebbero abbattuti su di me con questa forza. Forse è per via del fatto che vivo da sempre sopra le righe che la mia menopausa non poteva essere altro che impetuosa, obbligandomi a rallentare il ritmo delle mie giornate.
E io sono una che va di fretta: quando le mie coetanee non avevano altre responsabilità che decidere dove andare a ballare avevo già dei figli, quando si sposavano ero al secondo matrimonio e quando loro cercavano il primo impiego io avevo inanellato una serie di attività tanto inconsuete quanto fallimentari. Insomma, era tutto “un equilibrio sopra la follia” e la menopausa è arrivata a darmi una spinta. Tra le vampate che mi causavano insonnia e l’atrofia vulvo-vaginale che costringeva alla castità mi sono accorta di non poterne più, della menopausa e della mia vita, così le ho obbligate a smettere.»
Non capisco. Mi stai dicendo che hai obbligato gli estrogeni a tornare con la sola forza di volontà? Ne saresti capace.
«Quasi: oggi una donna che voglia annientare i disagi da menopausa sa come fare. Il difficile è smettere di vivere la vita che ci cade addosso per vivere quella che vorremmo, e magari fare le cose che abbiamo messo da parte in attesa di tempi migliori.
È come se tra gli effetti della menopausa ce ne fosse uno ancora non sufficientemente studiato: la paura di non avere più tempo per vivere la vita che sognavamo da ragazze, di essere fuori tempo per cambiare rotta e realizzare i nostri desideri»
Mai fuori tempo per cambiare rotta
Non essere sciocca, Francesca. Voglio dire, guarda me: sono il tuo opposto. Essere in ritardo sulle tappe della vita è sempre stato il mio forte, ho fatto tutto quanto ci si aspetta da una procratrinatrice professionista: studi fuori corso, matrimoni fuori tempo, gravidanze sopraggiunte con l’ultimo ovocita. Mio marito mi definisce una “fioritura tardiva” ma è solo il suo modo di dirmi che faccio cose non appropriate per la mia età e altre che, fossi stata avveduta, avrei dovuto iniziare molto prima: un lavoro serio, una pensione integrativa. Qualcosa nel mio percorso di crescita si è inceppato e ho continuato a percepirmi più giovane di quanto non fossi fino a stentare di riconoscermi nella signora con le zampe di gallina che incrociavo riflessa nelle vetrine.
Poi è arrivata la menopausa e per la prima volta ho realizzato che era proprio vero, stavo invecchiando, e anche io, come te, mi sono chiesta se fossi ancora in tempo per cambiare direzione e affrontare nuove sfide. Ma proprio perché sono sempre stata in ritardo su tutto, mi son risposta: certo che lo sono.
Mi sono data il permesso di essere quella che sono, grazie (sic!) alla menopausa
Forse mio marito ha ragione: non sono una procrastinatrice ma una fioritura tardiva. Ho impiegato anni della mia vita adulta prima di prendermi sul serio ma, dopo esserci riuscita, ogni anno che passava mi sono sentita più forte e coraggiosa, e pazienza se arrivavo per ultima a traguardi che le amiche avevano raggiunto prima di me. Quando poi la menopausa si è abbattuta su tutte noi con i suoi disagi e la sua valenza simbolica ho dovuto solo curare i primi e ignorare seconda perché avevo già scoperto che, in realtà, non c‘era alcun traguardo.
La menopausa mi ha reso empatica verso me stessa e con il mondo, mi sono data il permesso di essere ciò che sono sempre stata: una procrastinatice, una donna che, seguendo percorsi non lineari, ne ha incontrata un’altra che seguiva percorsi diversi e che la menopausa ha costretto a venire a patti col proprio vissuto.
Se prima confrontavo continuamente i miei risultati personali e professionali con quelli delle mie amiche, grazie alla menopausa e alla riflessione che ne è seguita ho capito che ogni percorso è unico e che se anche mi fosse stata data una seconda possibilità avrei fatto le stesse cose, negli stessi tempi – e, dal momento che ho fatto tutto in ritardo, tanto vale continuare. Ad esempio, dopo una vita passata a dire ai figli che questa casa non è un albergo potrei decidere che invece lo sia e trasformarla in bed and breakfast.
«Forse hai ragione» – conviene Francesca – «Siamo la prima generazione di donne a dover decidere cosa fare da grandi a un’età in cui, per le nostre mamme, i giochi erano fatti.»
Perfetto. Ora che abbiamo convenuto che non è mai tardi per intraprendere nuovi progetti e che possiamo farlo a modo nostro, che ne dici di tornare a casa?
«Se mi assicuri che ci sono altre maniere di curare le vampate di calore, oltre che emigrare in Paesi artici, giuro che lo faccio».
(*) Referenze
- Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
- Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
- Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379