di Rossella Boriosi
Autrice del libro “Nega, ridi, ama. Diario tragicomico di una menopausa”, Giunti.

San Valentino si festeggia sempre, anche dopo la menopausa. Ti racconto come lo faranno le mie amiche, una con l’amore di sempre, l’altra con la “new entry” media e Barbara con il suo toyboy sul quale nessuno scommette.

Si può voler festeggiare San Valentino dai sedici anni, così tante volte da essere ormai in menopausa? Ha ancora senso farlo – alla nostra età! – con l’amore di sempre, con quello nuovo di zecca o con quello che addirittura sfida le convenzioni sociali?

Certo che si può, anzi, si deve: serve a fare il punto della situazione, a ritrovare il baricentro della coppia, a neutralizzare incomprensioni e criticità sia emotive che fisiche – perché sarà anche vero che il cuore non ha età ma il corpo sì, maledizione!

Michela, il Carenzi, la menopausa e l’amore facchino

Michela ha cinquantatrè anni e li dimostra tutti. Coi capelli raccolti sbrigativamente in una coda di cavallo, un paio di jeans e una vecchia camicia (“Non è mia, è del Carenzi”) sembra la rappresentazione iconica della donna in menopausa conclamata: dimessa, rassegnata «.. e innamorata.» ride lei. «Per fortuna il sentimento che lega me e il Carenzi va oltre le apparenze. E poi oggi abbiamo avuto da fare in giardino, non ho avuto né tempo né voglia di darmi una sistemata.»

Innamorata, ancora ? Dopo tutto questo tempo?

«Dopo tutto questo tempo, già. Gli inglesi hanno una definizione per le coppie come la nostra: “made in heaven”, dicono, fatte in Paradiso. Io e il mio compagno ci siamo incontrati in prima liceo e durante gli anni dell’adolescenza abbiamo dovuto lottare contro chi pensava fosse troppo presto per assumersi la responsabilità di un storia importante. “Dovreste divertirvi!” ci dicevano, e noi lo facevamo; solo, ci divertivamo assieme.»

Come avete fatto a stare insieme per oltre quarant’anni – chiedo ancora, incredula.

«Lottando con le unghie e con i denti. Abbiamo avuto i nostri momenti bui, soprattutto cos'è l'atrofia vulvo vaginalequando abbiamo capito che quei bambini che tanto desideravamo non sarebbero arrivati. L’infertilità fa vibrare corde che non sai nemmeno di possedere, ti fa sentire difettosa, sbagliata, immensamente sola. È stato il Carenzi a tirarmi fuori da un tunnel fatto di sofferenza e frustrazione dando una direzione a quella tensione che avvertivo e che non riusciva a esprimersi nella maternità. Il nostro agriturismo è nato da quell’urgenza e ora dal nostro lavoro nascono frutta, fiori, verdure, agnelli, puledrini – qui è tutta un’esplosione di vita.

La menopausa, quando è arrivata, non mi ha disorientata: non ho dovuto metabolizzare la perdita della fertilità mentre i rapporti sessuali ne sono usciti compromessi per via della dispareunia che li aveva resi dolorosi. Niente che spaventi chi ha dovuto affrontare l’incubo dell’infertilità e infatti, con i trattamenti adeguati, la dispareunia è stata curata e la sessualità è tornata a essere appagante.

Che film vedremo a San Valentino? “Appuntamento sotto il letto”, una vecchia pellicola in cui Henry Fonda pronuncia un discorso memorabile: “La vita non è un pic-nic: sono i piatti da lavare, il dentista, il calzolaio, sono i conti da pagare. Non è andando a letto con un uomo che gli dimostri quanto lo ami, ma alzandoti con lui la mattina per affrontare questo squallido, miserabile, meraviglioso mondo”. Io e il Carenzi chiamiamo quel tipo di rapporto “l’amore facchino”: siamo convinti che al di là della passione stracciamutande dei primi tempi l’amore, nella sua versione costruttiva, sia facchino. Come quello tra me e lui.»

Roberta, l’amore medio e l’alibi della secchezza vaginale

«Che tristezza questi amori medi che la gente si racconta come grandi amori, che fanno giri medi e poi ritornano», sospira Roberta. Tacchi alti e sguardo severo, Roberta mi incute sempre soggezione ed è per questo che, se devo contraddirla, uso molte cautele.

Magari – azzardo – una volta erano amori grandi e sono rimpiccioliti strada facendo. Magari erano immensi e sono stati erosi dalla quotidianità, dalla fiatella mattutina, dalla secchezza vaginale e dall’incontinenza prostatica.

«Oppure erano amori medi.» – taglia corto lei. Con i suoi tre mariti e mezzo Roberta ha ragione di default, quindi taccio. «Poi bisogna fare dei distinguo. Ci sono quelli in cui uno era convinto di vivere una grande storia d’amore e all’altro non gliene fregava niente, e allora non valgono. A questo punto meglio un amore medio ché i grandi amori vanno saputi vivere: di solito finiscono male e in fretta, e lasciano cicatrici. Se non sei in grado di gestirli è meglio buttarsi su un amore medio fatto di tranquillità, sicurezza e sesso a luci spente – ché tanto con l’arrivo menopausa si ha l’alibi della secchezza vaginale per farne a meno del tutto.»

Ma la secchezza vaginale si cura. A quel punto che si fa?

«Ci si accontenta, oppure si fa come me, si cerca un nuovo Grande Amore. Come si fa a sapere se l’amore che stai vivendo è grande o medio? Facile: il medio lo racconti, del grande non parli ché la felicità va trattata con discrezione. L’amore grande non ha tempo per essere raccontato, lo si vive e basta. Parlarne lo svilisce, si finisce per risultare melensi, prevedibili, persino un po’ patetici. Io parlo dell’amore solo quando è in crisi, o sbagliato, o impossibile. Ne parlo quando non funziona. Quando è grande e funziona è buona norma rimanere nel vago, liquidare la curiosità altrui con un laconico “ti racconterò” e cambiare discorso. Il grande amore richiede cautela e protezione, va tenuto al sicuro dentro se stessi.»

Sei innamorata, adesso?

«Non posso parlarne.»

Che film vedrai a San Valentino?

«I ponti di Madison County: tratta di un amore nato a ridosso della menopausa della protagonista, ma così grande da essere taciuto per il resto della sua vita».

Barbara: perché se lui ha 10 anni di meno pensano tutti (solo) all’intimità?

«Io devo ringraziare una persona sola: Madame Brigitte Macron. È grazie a lei se ho potuto sdoganare il mio legame con Giulio, dieci anni più giovane di me, ché di questa epoca liberale e libertina rimane un ultimo tabù: quello in cui l’elemento anziano della coppia è lei.

Oltre a vedere occhi strabuzzati a sopracciglia sollevate, ho dovuto subire sedute psichiatriche improvvisate in cui amici e parenti formulavano ipotesi su eventuali turbe psicologiche del mio compagno: si trattava forse di un Edipo irrisolto? Era vittima di forma particolare di perversione?

Le amiche più care, e quelle più crudeli, non mancavano di sfruculiare le mie ansie da donna in menopausa: come fai con il sesso – chiedevano – come concili il suo appetito da quarantenne con la dispareunia e l’atrofia vulvo-vaginale?

Questa curiosità malevola non sarebbe stata rivolta alla nostra coppia se fosse stato Giulio il più anziano tra i due ché si sa, per l’uomo l’età è ininfluente oppure gioca a suo favore trasformandolo da belloccio ad affascinante, mentre la donna invecchia e basta.

Presumo non sia colpa di nessuno se persiste questo pregiudizio: per quanto sapiens-sapiens rispondiamo a un imperativo biologico di continuazione della specie e riconosciamo come fisiologica la coppia in cui la donna ha tutti gli ormoni al loro posto, anomala quella in cui li ha a posto solo lui.

Ma sai come si dice? “Il cuore ha delle ragioni che le la ragione non conosce, figuriamoci gli estrogeni”»

Barbara, che film vedrete a San Valentino?

«Lui proponeva “Colette” ma l’ho picchiato forte e ha cambiato idea. Vedremo Blade Runner sino all’ultima frase: Non sapevo per quanto tempo saremmo stati insieme. Ma, dopotutto, chi è che lo sa?».

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(*) Referenze

  • Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
  • Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
  • Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379

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