di Rossella Boriosi
Autrice del libro “Nega, ridi, ama. Diario tragicomico di una menopausa”, Giunti.
Se è difficile che le donne parlino tra loro di menopausa, è pressoché impossibile che lo facciano in mezzo ad altre persone. A differenza di altri momenti fisiologici nella vita di ogni donna, infatti, la menopausa rappresenta ancora tabù, forse l’ultimo. Sul perché questo accada, abbiamo un buon alibi. Anzi: ne abbiamo molti.
Non c’è modo migliore per perdere gli amici che iniziare a parlare di menopausa. Provateci e vedrete sopracciglia sollevarsi, sguardi abbassarsi, guance arrossire. È persino possibile che alcuni di loro vi tolgano dai contatti: a me è successo.
Menopausa e paturnie: elenco dettagliato – ma non esaustivo – su disagi, credenze e pregiudizi a questa correlati
Vi sono già stati in passato argomenti considerati sconvenienti e oggi ampliamente sdoganati, ma rimane un ultimo tabù: – la menopausa, appunto. Parlarne non è affatto semplice, anche quando si tratta della nostra. Non solo stentiamo a riconoscerla (“Ho 50 anni e un ritardo di 18 mesi” ho letto in una pagina facebook dedicata), ma quando lo facciamo trattiamo l’argomento con riluttanza, a bassa voce e solo se costrette.
Sul perché questo avvenga, mi sono data delle risposte.
#La prima: al pari delle rughe, i capelli bianchi e il décolleté plissettato, la menopausa è un sintomo di invecchiamento – anzi, ne è il paradigma.
Non c’è da sorprendersi quindi che, in una società in cui la gioventù è un valore, nessuna abbia voglia di far sapere di esserci finita dentro, né ci si può appellare alla decadenza di tempi moderni che non riconoscono i meriti della maturità perché in passato le cose andavano persino peggio: non solo le aspettative di vita erano tali da rendere difficile l’ingresso in menopausa, ma le poche fortunate che tagliavano il traguardo dovevano vedersela con i pregiudizi e l’ignoranza della loro epoca.
Nell’Europa del Tredicesimo secolo e sino al Diciottesimo, ad esempio, l’opera del frate domenicano Albert Le Grand “De secretis mulierum” (“I segreti delle donne”) aveva contribuito a diffondere l’idea che le donne in menopausa fossero velenose perché non più in grado di purificarsi attraverso il sangue mestruale, al punto di poter avvelenare i bambini lasciati alle loro cure con la potenza del loro sguardo (se mia madre fosse venuta a conoscenza di questa superstizione, l’avrebbe usata a proprio vantaggio)
#La seconda: la menopausa maltratta il nostro senso del pudore costringendoci a mettere a fuoco disagi che vorremmo ignorare: sudorazioni notturne, secchezze vaginali, fibromi uterini, capezzoli doloranti e altre cose sgradevoli che pensavamo di esserci lasciate alle spalle assieme all’adolescenza (a cui la menopausa somiglia tanto, ma evoca meno tenerezza).
#La terza: il mondo là fuori è crudele, usa questo momento, seppur fisiologico nella vita di una donna, come arma contundente per offendere, sminuire, mortificare. “Affidereste l’America a una donna in menopausa?” si poteva leggere su twitter in occasione delle recenti presidenziali americane in cui Hillary Clinton era candidata. Per contro, nessuno s’è mai posto il problema di consegnarla nelle mani di un uomo dalla prostata ingrossata.
#La quarta: la menopausa segna l’ingresso nella zona d’ombra in cui, persa la propria capacità riproduttiva, le donne smettono di essere interessanti. «C’è questo comune sentire che fa coincidere bellezza ed età fertile, come se l’una fosse imprescindibile dall’altra» – si lamenta Francesca, splendida quarantottenne – «Infatti spesso mi viene detto “Chissà com’eri bella da giovane!” Io non ho il coraggio di confessare che non lo ero affatto ma lo sono diventata nel tempo, quando ho imparato a predermi cura di me».
#La quinta: pubblicità e media non offrono una rappresentazione credibile delle donne in carenza di estrogeni. L’ultima volta che sono andata dal parrucchiere, ad esempio, le tinte per coprire i capelli bianchi erano presentate da modelle neanche ventenni. Poi uno si crea delle aspettative.
#La sesta: quando le modelle ventenni latitano, al loro posto vengono messe signore con problemi di dentiere instabili e incontinenze estroverse. Le vediamo sorridere con aria assente e serena, pacificate ed estranee alle nostre ansie quotidiane. Ne osserviamo le calze contenitive color carne, le scarpe a mezzo tacco, le cofane azzurre, e veniamo investite da una tristezza senza nome: «Ma io non sono ancora così!»
Menopausa: né “meno”, né “pausa”. Anzi, mai stata meglio!
Infine, è mia convinzione è che lo stigma verso la menopausa nasca anche da quel “meno” inserito nel nome che suggerisce una vita vissuta per sottrazione: meno ormoni e dunque meno girovita, capelli, elasticità cutanea, densità ossea, energie, progetti, meno sesso!
«E quel pausa non fa altro che peggiorare le cose» – chiosa Francesca -, «perché allude a una interruzione della fase propulsiva della vita. »
Ebbene anche di questo dobbiamo biasimare un uomo, il medico francese Charles Pierre Louise de Gardenne che nella sua opera “De la ménopause ou de l’âge critique des femmes” utilizzò per la prima volta il termine menopausa per indicare la cessazione dell’età fertile suggerendo così l’idea di una mancanza (di estrogeni, di fertilità, di vita attiva) per poi peggiorare ulteriormente la situazione definendo questa fase “critica” e dandone una chiave di lettura pregiudizievole negli anni a venire.
«Sono certa che se fosse stata una donna a occuparsi della faccenda non l’avrebbe chiamata menopausa ma piùvita.» sbuffa Francesca «Voglio dire, guardami: da quando mi è stato chiaro che non sarei diventata una modella ho ripreso a mangiare con gusto, a frequentare persone che mi fanno star bene e a dire i “no” che mi aiutano a crescere. Insomma, non sono mai stata tanto attiva come adesso: mi sono persino innamorata! Un vero peccato che questa età sia considerata critica.»
Cerca qualcuno (un medico) che meriti la tua fiducia
Perché in effetti lo è, Francesca: in Italia tre donne in menopausa su quattro soffrono di disturbi che vanno dall’acne alla fibromialgia, dalle sudorazioni notturne ai dolori articolari. E scommetto che quell’”orgasmo in menopausa” che compare nell’autoserch di Google è frutto delle tue ricerche in rete. Quello che dovremmo fare, piuttosto, è andare a trovare il nostro ginecologo con la stessa assiduità con cui andiamo a sistemare la ricrescita e confessargli i nostri problemi come faremmo con gli sconosciuti incontrati sul treno, perché abbiamo ancora troppe cose da fare per permettere ai disagi della menopausa di fermarci. E se non vi viene in mente nessuno che meriti la vostra fiducia, ecco una lista di professionisti pronti a contenere problemi e fisime. Dite pure che vi mando io.
La voce di Rossella
(*) Referenze
- Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
- Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
- Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379