Nei film, ma anche nei libri, anche le persone “di una certa età” riscoprono l’amore e i sentimenti e ne parlano volentieri.

“La vecchiaia è come un liberatorio venerdì sera”

Enrica Tesio, scrittrice

Sempre più “over” – 50, 60 ma anche 70 – si innamorano, riscoprono l’eros che forse cambia, sì, ma non è sopito. La generazione dei nati tra il 1945 e il 1960, che rappresenta il 22% della popolazione (secondo l’ultimo rapporto Istat), dimostra di essere ancora attivissima, di amare la vita, di essere cosciente che c’è ancora tempo per i sentimenti e, soprattutto, per l’intimità.

Sarà per questo motivo che, negli ultimi anni, la letteratura ha iniziato a occuparsi in maniera sempre più profonda e puntuale di questa categoria di lettrici, dedicando ampi spazi a nuovi romanzi e autori che raccontano, parlano e scrivono di noi e per noi.

“Bisogna essere proprio noiosi per finire a fare tappezzeria”, scrive con la solita, azzeccata ironia Lidia Ravera, in libreria con il nuovo romanzo “Terzo Tempo”. E il ruolo dei romanzi sull’amore over 50, in fieri, diventa anche questo: uno stimolo a non rassegnarsi e a continuare a vivere a pieni polmoni la vita di coppia così come merita.

Per questo vogliamo consigliare tre libri che raccontano di un’età che può essere meravigliosa, nella quale la libertà prende il posto degli obblighi, dei doveri, delle convenzioni. Un’età nella quale non c’è più ombra di ansia da prestazione, ma c’è il tempo di ritrovare la tenerezza, le coccole e la sensualità senza necessariamente un fine. Un’età nella quale l’intimità vince sull’eros e la bellezza dei momenti emerge (a volte esplode!) in barba a pance piatte e corpi statuari.

Un’età che può essere meravigliosa, dicevo. Basta volerlo.

“Imparerò il tuo nome” di Elda Lanza: l’educazione sentimentale non ha un tempo

In questa storia, con la quale simbolicamente mi piace dare inizio a questo trittico letterio, la protagonista è una donna in carriera, che vive uno strano dualismo, cos'è l'atrofia vulvo vaginalequello tra la sua vita privata, silenziosa e appannata dai ricordi di una famiglia che non ha mai avuto (i genitori assenti per diversi motivi e una situazione sentimentale, quasi di rimando, desertica) e la concitata e frivola vita del suo ambiente di lavoro: una rivista milanese.

In questo ambiente matura la sua prima e tardiva educazione sentimentale, nel momento in cui lascia spazio alle persone e si lascia attraversare dai loro fiati e i loro portati emotivi. Nel bene e nel male ci sarà posto anche per una storia, scandalosa ed esemplare, che impegnerà il lettore in una vera altalena di emozioni.

La particolarità di questo romanzo è nella storia, di certo originale nella sua ordinarietà, che la penna di Elda Lanza è in grado di svelare nei suoi antri più bui e profondi e nelle sue luci più brillanti e calde. Tuttavia va sottolineata anche un altro fattore che rende il libro notevole: l’essenza stessa dell’autrice, una splendida e attivissima 92enne, la dimostrazione pratica che la volontà e la fiducia in se stesse, oltre alla cultura e alla voglia di imparare, aprono le porte alle esperienze più straordinarie della vita e sono la linfa per la longevità e per la salute.

“Le nostre anime di notte” di Kent Haruf: l’amore e l’intimità non hanno età

Addie e Louis sono vicini di casa. Sono in un’età che la maggior parte delle persone definirebbe “anziana”. Ad un certo punto accade qualcosa, una proposta che è come un fulmine a ciel sereno, che suona tanto coraggiosa quanto inopportuna: “Siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare.” 

La proposta è quella di passare una notte insieme, una che poi diventano parecchie. I due si conoscono da molto, lui è vedovo, lei pure. Da principio sembrava solo una buona idea, quella di unire due solitudini e aiutarsi a superare le notti, attraverso il potere taumaturgico della condivisione dei ricordi, dei pensieri, dei problemi mai risolti. Inizia così una storia di intimità, amicizia e amore, fatta di racconti sussurrati alla luce delle stelle e piccoli gesti di premura.

Alla fine, in una cornice che bene inquadra le maldicenze di nipoti e della “gente”, la storia d’amore sembra farsi via, via più seria. “A me sta piacendo più di quanto io pensi di meritare”, dice lui. E mentre ci si commuove un po’ a pensare a questo amore che per tutti è “fuori tempo massimo”, ci si scalda davanti alla malignità di chi non riflette sulle conseguenze di certi pettegolezzi.

Una storia piena di serenità e di sorrisi dentro il rapporto di coppia, alla quale fanno da contrappunto le voci esterne di parenti e amici, tanto ficcanti e pessimistiche da porsi subito nella veste di antagonisti di una relazione che è vista quasi come immorale, solo per un fattore – sciocco, sciocchissimo – legato all’età dei due.

Il romanzo infatti pigia sul tasto dei nuovi amori nati dopo i 60 anni quelli che fanno bene al cuore e all’anima, che mantengono giovani, che restituiscono la voglia di vivere, ma che vengono malvisti, perché parlare di intimità, dopo una certa età, sembra strano e scandaloso.

Invece, anche il romanzo lo racconta, non c’è nulla di più bello che innamorarsi ancora, vivendo a pieno un’età nella quale anche coccole e carezze assumono connotati e significati ancora più intensi e profondi: un buon feeling con il partner e i momenti piacevoli passati insieme regalano appagamento, relax e buonumore, migliorano i parametri di benessere psicofisico, tengono lontane le malattie cardiovascolari e la depressione.

“Il terzo tempo” di Lidia Ravera: gli stereotipi sulla vecchiaia, lasciamoli a chi non sa vivere bene

Questo romanzo di successo, che è diventato anche un blog, racconta di una donna (Costanza), ma parla soprattutto alle donne, a quelle signore che hanno superato da una ventina d’anni i 35 e che non hanno paura di dire che s’affacciano alla vecchiaia. Vecchiaia, sì, quella che vince, che non è una malattia quella che “non la si può arrestare né rimandare, ma anche perché porta in sé slanci e desideri insopprimibili, se solo si è disposti ad ascoltarli, ad assecondarli”, si legge nella quarta di copertina.

Costanza è una donna che presto sarà vecchia. Si affaccia al suo terzo tempo, insomma con serenità, scrivendone addirittura una rubrica: “Insegno malinconia positiva. Soffrire da vecchi è la regola. Soltanto i vecchi speciali ce la fanno. E i vecchi speciali sono quelli che stanno bene.”

Così lei ci prova, mettendo su un progetto ambizioso: mettere insieme i suoi compagni di partito degli anni addietro per ricreare, in un castello avuto in eredità, una comune, una specie di famiglia allargata con la quale condividere gioie e difficoltà del presente e del futuro.

Ma al di là della trama, certo bella e intrigante, quella di Costanza è la storia di una donna che lotta contro gli stereotipi della vecchiaia, così come racconta la stessa autrice in un’intervista: “Gli stereotipi sono il motivo per cui invecchiare fa paura. Ad esempio la presunta morte del potere seduttivo, inteso anche come capacità di creare relazioni, fare conoscenze. Sembra che i vecchi siano destinati a essere soli, depressi, tirchi, malati, vigliacchi… Invece è una stagione della vita che più o meno tutti si trovano ad affrontare: non vedo perché si debba vivere la vecchiaia diversamente da ogni altro periodo dell’esistenza. Io stessa vivo come trent’anni fa: esco alla sera, vado a correre alla mattina tanto quanto facevo allora. Bisogna cambiare gli aggettivi che accompagnano la parola vecchio”.

Amarsi a qualsiasi età e liberarsi dagli stereotipi

Stare insieme da molti anni, entrare in una nuova relazione, poco importa. Quel che è veramente importante è continuare a sentire le ragioni del cuore senza farne una questione di “giusto e sbagliato”, senza ergersi a severi giudici delle proprie prestazioni emotive. Cosa c’è di più inutile?

L’amore, anche quello fisico, dopo la menopausa continua a essere una componente fondamentale della relazione di coppia e non bisogna averne paura solo perché il corpo, a volte, manda dei segnali di dolore o fastidio. Alcuni disagi possono esserci (li lamenta quasi una donna su 2) ma non devono diventare un impedimento al rapporto intimo con il partner e per superarli c’è bisogno di un atto di consapevolezza. Parlarne (con il compagno, con il ginecologo) è il modo per risolvere questi problemi ma anche per dichiarare con un gran sorriso sulle labbra: “Sono in menopausa e sono una donna felice e completa”.

Scrive Lidia Ravera: “Gli stereotipi (sull’invecchiamento, ndr) sono falsi, però attente: a forza di sentirceli ripetere, finiamo per crederci. Li facciamo diventare veri. Quasi senza rendercene conto, incominciamo a comportarci come ci si aspetta da noi. Perciò: liberiamocene”.

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(*) Referenze

  • Nappi RE, Climacteric 2015; 18: 233-240
  • Nappi RE and Kokot-Kierepa M. Climacteric 2012; 15:36-44
  • Nappi RE, et al. Maturitas 2013; 75:373-379

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